1496 Appunti di storia (vivente)

Sul decorare una targa da giostra

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Sono stato chiamato ad aiutare nella decorazione di una targa per giostra a cavallo del XV secolo, questi sono i miei appunti a riguardo.

Preambolo

La targa è uno scudo dalla forma inconfondibile. Si presenta rettangolare, curva sull’asse corto, con un ritaglio detto bouche nell’angolo alto a destra per chi la brandeggia. La targa si porta sulla spalla sinistra, legata per mezzo di una chingia al braccio e al corpo del cavaliere. Si tratta di uno scudo tipicamente portato a cavallo, sia in guerra che, più tipicamente, in giostra.

1982.2456
Targa da giostra con l’arme della città di Deggendorf. Sassonia, 1440-1470. Conservata a Chicago, 1982.24561. Immagine cortesia di Art Institute of Chicago

In questo progetto, lo scopo è di riprodurre una targa da giostra, quindi molto sfarzosa, da usare per l’appunto in una ricostruzione di giostra.

La struttura dello scudo è stata realizzata in precedenza, io sono stato chiamato a dare supporto nella decorazione pittorica. Per la decorazione, la commessa è di utilizzare sia colori a campitura piena, che dorature. Per maggiori informazioni sulla struttura, rimando all’artigiano Frederik Kirch.

L’arme da riportare sulla targa è di creazione moderna, e si leggerebbe di rosso, al numero quattro romano in oro. Per impreziosire la decorazione, si è deciso di dorare il numero romano, e di imbellettare la campitura rossa con racemi di gusto Quattrocentensco.

Tecniche costruttive

In maniera schematica, una targa è costruita in legno, curvato e scavato, ricoperto con strati di tessuto o pellame, e poi dipinto. Sul retro, presenta dei fornimenti, di base un aggancio a tre punti per assicurare lo scudo al corpo del cavaliere per mezzo di cinghie.

Per il pellame, generalmente si osserva pelle di maiale. Per la stoffa, strati di lino. Talvolta, uno strato di corteccia viene inframezzato tra il legno del corpo e il pellame o il tessuto, per migliorare la tenuta all’umidità dell’oggetto.

Lo strato di pelle è ricoperto poi di gesso, sul quale viene applicata la pittura, coperta a sua volta da una finitura in resina naturale trasparente come strato d’usura protettivo.

Gli originali potevano anche essere impreziositi da decorazioni in rilievo applicate al di sopra dello strato d’usura. Queste decorazioni dovevano servire a dare tridimensionalità al manufatto, e sarebbero state probabilmente decorate in foglia d’oro o d’argento. Si parla di Pressbrokat, ad esempio, una tecnica diffusa nel XV secolo nel sud della Germania. In uno stampo si applica dapprima uno strato in foglia metallica, che servirà ad aiutare il distacco della decorazione dallo stampo, e al contempo la renderà più preziosa. Poi lo stampo viene riempito con una miscela di resina, cera e gesso. Una volta rimossa dalla forma, la decorazione viene smussata per rimuovere sbavature da colata, ed applicata infine per mezzo di resine collose. Negli esempi sopravvissuti, talvolta possiamo leggere l’assenza di questo genere di decorazioni dai residui di resina.

Tecniche decorative

Quello che ho imparato, è che le tecniche pittore adoperate sugli scudi non sono differenti dalle tecniche adoperate sulle sculture policrome e sui pannelli lignei coevi2.

La lettura delle decorazioni su targhe (e scudi in genere) non è cosa facile. Come accade d’altronde nel tempo, ciò che si presenta all’occhio moderno è frutto di rimaneggiamenti nel tempo. Il livello, ed il costo, delle decorazioni su questi elementi difensivi non era prerogativa dei momenti festosi di giostra: scudi altamente decorati si utilizzano anche nelle campagne militari3. Alla morte del cavaliere, le sue armi (come il resto dei suoi averi mondani) potrebbero fortuitamente rimanere in dono a qualche monastero, dove questi oggetti risiedono, protetti come in una capsula del tempo, per secoli, giungendo fino a noi. Questo è il caso di molti scudi, armature, ma anche abiti e altre minuterie.

In altri casi, lo scudo si tramanda, si ricicla, la pittura originale viene coperta anche in secoli successivi, e con tecniche pittore che non sono quelle in oggetto di indagine. Alle volte, i curatori stessi dei musei, e lo cito senza giudizio morale appeso, offuscano la verità per tramandare come più antica un’arme più prestigiosa, ma anche più moderna, applicata su uno scudo4.

Allora è necessario affidarsi ad analisi scientifiche più accurate, come i raggi-X, o a tecniche più invasive, come la rimozione degli strati superficiali di sporco e/o pittura aggiunta.

L’utilizzo del giallolino5 è attestabile anche sugli scudi6.

Gli scudi di Behaim, un caso di studio

Reperto 25.26.1, immagine cortesia del MET

Il Metropolitan Museum di New York (MET) conserva numerosi esempi di targhe e scudi XV, alcuni non in mostra. Tra questi spiccano sicuramente i seguenti 4 esempi: 25.26.17, 30.1018, 25.26.29, 25.26.610.

In particolare, il MET ha avuto la fortuna di raccogliere una serie di sette scudi (pavesi e targhe), decorate con l’arme di Behaim, e parte di una collezione particolarissima. Si tratta di scudi nati per la guerra, sopravvissuti all’uso sia in giostra che in campo aperto, riutilizzati e rimaneggiati nel tempo. Fortunamente, sopravvissuti ai secoli in condizioni invidiabili. Un esempio raro.

Negli esempi che ho citato finora, la base della pittura è il gesso, applicato su strati di pelle (solitamente di maiale) e stoffa (tipicamente lino). La pittura, almeno nello strato più superficiale, è ad olio. In un caso, il gesso è stato mischiato con frammenti di vetro chiari e verdi11 – 25.26.512.

Oltre all’uso della pittura, questi quattro esempi sono arricchiti da dorature, come, ad esempio, il 30.101 che presenta un motto in oro sul bordo13. Il museo riporta l’uso di foglia d’argento per tutti e quattro, nel caso del 25.26.1 praticamente su tutto il fondo dello scudo.

Nell’esempio 25.26.1, è stata proprio una analisi approfondita ai raggi-X a mostrare la presenza del fondo in foglia d’argento, coperto da altri strati di vernice. La versione odierna in mostra è frutto di restauri che hanno rimosso i rimaneggiamenti successivi per mostrare la bellezza del disegno originale.14.

La foglia d’argento non è l’unico medio di valore utilizzato nelle decorazioni degli scudi. Gli articoli finora citati parlano di pittura mista a polvere d’argento, come di decorazioni in foglia d’oro. Sempre nell’esempio 25.26.1, l’elmo non viene dipinto, ma solo tracciato coi contorni in pittura nera, lasciando alla foglia d’argento di sfondo il compito di riempire la campitura.

Rimanendo sull’analisi del reperto 25.26.1, e in particolare del suo strato di pittura più antico, il gesso è applicato abbondantemente su una superficie in lino, presente solo sul fronte dello scudo (il retro è in pelle animale). Il disegno è stato prima inciso sul gesso, poi è stata applicata la foglia d’argento come doratura a guazzo (la doratura ad olio è parimenti utilizzata su strati successivi), brunita per maggiore splendore. Ritengo che l’incisione servisse per conservare traccia del disegno, senza rovinare la foglia d’argento. La pittura è a tempera, probabilmente all’uovo, mentre sono assenti gli smalti colorati, altrimenti diffusi in questo genere di lavorazione. La tempera è totalmente coprente. Perso nel tempo è lo strato protettivo esterno, trasparente, che doveva essere presente: la foglia d’argento tende ad ossidare nel tempo, se non protetta. L’immagine di San Cristoforo sul retro non è stata dipinta con le accortezze del fronte: è semplicemente applicata sulla pelle a cui è stato dato uno strato di fondo.15.

La finitura superficiale d’uso, quella di usura per intenderci, doveva essere in una qualche resina trasparente.

L’uso di smalti gialli sulla foglia d’argento era una tecnica impiegata per simulare la doratura, senza usare effettivamente materiale prezioso16. Nell’esempio 25.26.5, la foglia d’oro è stata applicata al di sopra di un fondo in foglia d’argento.

Santini e protezioni

In un secondo momento, si è deciso di personalizzare la targa aggiungendo un dettaglio personale. Vi sono evidenze di decorazioni applicate all’interno dello scudo, non a beneficio del pubblico della giostra, ma a beneficio del cavaliere.

Dipinto di modo da essere visibile al cavaliere, a sinistra della bouche (l’incavo realizzato per passare la lancia attraverso lo scudo), si può leggere un San Cristoforo nel reperto 25.26.1. L’immagine del santo doveva servire come protezione durante la giostra17, d’altronde San Crisftoro è una scelta popolare nel XV secolo.

Per questo progetto, si è deciso di raffigurare una effige di San Marco su richiesta del committente.


  1. https://www.artic.edu/artworks/112052/jousting-shield-stecktarge-with-the-coat-of-arms-of-the-city-of-deggendorf 

  2. Faltermeier, C., & Meyer, R. (1995). Appendix: Notes on the Restoration of the Behaim Shields. Metropolitan Museum Journal, 30, 53–60. https://doi.org/10.2307/1512949 

  3. Grancsay, S. V. (1931). A Fifteenth-Century Painted Shield. The Metropolitan Museum of Art Bulletin, 26(1), 12–14. https://doi.org/10.2307/3256296 

  4. Nickel, H. (1995). The Seven Shields of Behaim: New Evidence. Metropolitan Museum Journal, 30, 29–51. https://doi.org/10.2307/1512948 

  5. https://it.wikipedia.org/wiki/Giallo_di_piombo_e_stagno 

  6. Faltermeier, C., & Meyer, R. (1995). Appendix: Notes on the Restoration of the Behaim Shields. Metropolitan Museum Journal, 30, 53–60. https://doi.org/10.2307/1512949 

  7. https://www.metmuseum.org/art/collection/search/22876 

  8. https://www.metmuseum.org/art/collection/search/23353 

  9. https://www.metmuseum.org/art/collection/search/27889 

  10. https://www.metmuseum.org/art/collection/search/32823 

  11. Nickel, H. (1995). The Seven Shields of Behaim: New Evidence. Metropolitan Museum Journal, 30, 29–51. https://doi.org/10.2307/1512948 

  12. https://www.metmuseum.org/art/collection/search/27019 

  13. Grancsay, S. V. (1931). A Fifteenth-Century Painted Shield. The Metropolitan Museum of Art Bulletin, 26(1), 12–14. https://doi.org/10.2307/3256296 

  14. Nickel, H. (1995). The Seven Shields of Behaim: New Evidence. Metropolitan Museum Journal, 30, 29–51. https://doi.org/10.2307/1512948 

  15. Faltermeier, C., & Meyer, R. (1995). Appendix: Notes on the Restoration of the Behaim Shields. Metropolitan Museum Journal, 30, 53–60. https://doi.org/10.2307/1512949 

  16. Faltermeier, C., & Meyer, R. (1995). Appendix: Notes on the Restoration of the Behaim Shields. Metropolitan Museum Journal, 30, 53–60. https://doi.org/10.2307/1512949 

  17. Nickel, H. (1995). The Seven Shields of Behaim: New Evidence. Metropolitan Museum Journal, 30, 29–51. https://doi.org/10.2307/1512948 

Riguardo l'autore

Gabriele Omodeo Vanone

Software Engineer prestato alla ricostruzione e alla ricerca storica. Appassionato di XV secolo milanese, fondatore di 1496, membro della Compagnia d'arme del Carro di Solza

1 commento

  • Onorato di essere stato in parte promotore di questo progetto, porterò con orgoglio e giusta vanità questa splendida targa

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1496 è un taccuino di appunti sulla storia e sulle potenzialità della ricostruzione storica e sul XV secolo italiano.
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